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Aspettando Il Convention Bureau

La direzione della Meeting Industry

Oggi io e Paolo eravamo all’Albergatore Day al Grand Hotel Parco dei Principi. E’ stata una bella giornata, ben organizzata, piena di interlocutori interessanti, con grandi possibilità di networking per partecipanti, sponsor e istituzioni. A testimonianza questo della grande voglia di tutti i players del grande mondo del turismo congressuale e leisure di guardare avanti tutti insieme, senza più recriminare sulle difficoltà che ancora oggi rendono la crescita una durissima sfida ma cercando gli strumenti per affrontare il futuro  con la consapevolezza che si va avanti solo facendo sistema.

Ed è proprio di sistema che si è parlato ad apertura lavori, con rappresentanti di enorme prestigio nel panorama del turismo congressuale romano. Oltre al Presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli, si sono confrontati anche l’AU di Fiera di Roma Pietro Piccinetti, l’AD di Eur SpA Enrico Pazzali, l’AD di Aeroporti di Roma Ugo de Carolis e l’Assessore alle attività produttive e turismo Adriano Meloni.

Le realtà imprenditoriali rappresentate hanno raccontato di come siano cresciute e dei grandi investimenti già fatti per il futuro mirati a riportare Roma ai vertici del mercato congressuale e turistico mondiale. Importante il confronto con le istituzioni che con grande pragmatismo hanno provato a dare qualche certezza sulle modalità con le quali sosterranno tale sviluppo. E come previsto si è parlato, anche, di Convention Bureau Roma.

Aspettando il Convention Bureau

In questa stessa giornata, su Ospitalità Romana, Notiziario di Federalberghi Roma, è uscito un articolo a firma di Paolo proprio su quella che è non solo la sua visione su questo imprescindibile strumento per il rilancio della città di Roma, ma di come nasce questa idea e di come sta diventando, con tanto lavoro di tutti quelli che ci hanno creduto, una realtà; giovandosi anche della best practice del Convention Bureau Italia nato con gli stessi presupposti di sistema.

Scarica qui l’articolo in PDF tratto da Ospitalità Romana

oppure leggi di seguito il testo dell’articolo:

Convention Bureau: passato, presente e futuro congressuale di Roma.

Il passato

Quando, nel 2009, i risultati economici delle aziende alberghiere cominciarono a mostrare, anche se in modo disomogeneo nella diverse aree del Paese, i segni evidenti della più grave crisi economica  che io ricordi nei miei 40 anni di lavoro, in molti comprendemmo che gli sforzi condotti all’interno delle singole aziende in termini di qualità della gestione e delle strutture non sarebbero stati più sufficienti per garantirne lo sviluppo , in alcuni casi, addirittura la sopravvivenza.

Fu infatti chiaro che l’impegno andava esteso al di fuori dei confini aziendali, perché, in presenza di una continua crescita dell’offerta alberghiera, andava stimolata la domanda; un compito particolarmente arduo in carenza di una strategia e di una attività istituzionale pubblica di promozione della destinazione, che sarebbe stata doverosa.

Ma non fu così, sia perché la cultura d’impresa  è un fattore di successo meno coltivato di altri più tradizionali e più immediati driver aziendali (ne parlerò  più avanti di questo articolo), sia perché in molti pensavamo o speravamo, grazie anche alla ripresina del 2010, che la crisi si sarebbe attenuata.

Questo contesto richiedeva uno sforzo culturale e operativo immediato, particolarmente intenso  nelle destinazioni, da Roma in giù, che maggiormente stavano risentendo degli effetti negativi della situazione descritta.

Soffrivano in modo più marcato gli hotel romani a vocazione congressuale,  dotati di camere e spazi idonei , nella maggior parte dei casi localizzati in aree non centrali: difficoltà nel mantenere i  livelli di occupancy  degli anni pre-crisi e, soprattutto,  una riduzione sensibile dei prezzi medi praticati alla clientela, determinata , appunto, dalla contrazione della domanda internazionale, avvertitasi per prima (perché dagli USA partì la crisi nel 2007, allargandosi a macchia d’olio nel mondo),  e nazionale.

In quegli anni Roma (dati ICCA -International Congress and Convention Association- sito istituzionale  “Country and city rankings 2012) era al 15° posto nella classifica delle città europee, e naturalmente più indietro nelle classifiche mondiali, che ospitavano eventi internazionali (Milano al 29° posto) con 98 eventi (nel 2011 erano 92) contro i 195 di Vienna e i 181 di Parigi: la città che tutto il mondo avrebbe voluto  visitare, magari in occasione di un convegno, vedeva crescere la difficoltà di affermarsi come destinazione congressuale internazionale.

Secondo un’indagine condotta ai tempi da Roma Capitale (Fonte Roma Capitale “Enjoy your congress in Rome-2011)   i principali spazi congressuali (sale e hotel) già disponibili consistevano in 31 sale congressuali, con 18mila posti complessivi  e in 170 strutture alberghiere dotate di spazi congressuali (23 in strutture lusso con 17.600 posti e 147 in hotel 4 stelle con 53mila posti).

Mancavano evidentemente, nelle disponibilità allora censite, i posti della realizzanda Nuvola all’Eur, quelli della Fiera di Roma, per la parte adibita a congressi, così come non era ancora visibile il fenomeno del volontario declassamento di alcuni hotels di lusso conseguente alla policy di restrizione della domanda di spazi congressuali in tale categoria di hotel.

Il turismo, leisure e congressuale,  era, almeno nelle intenzioni, tra le priorità strategiche della Amministrazione di Roma Capitale pro tempore, puntando su una “azione amministrativa  focalizzata sull’incremento dell’appealing del  brand Roma attraverso la realizzazione di investimenti in nuovi servizi a favore del turismo, tesa a garantire servizi di qualità e manutenzione urbana e soprattutto, con attività di promozione nei paesi esteri e investimenti in campagne di comunicazione anche in accordo con altri soggetti pubblici e privati”.

Erano concetti e obiettivi che “fotografavano” una ipotesi di  Convention Bureau territoriale per Roma, ma, come i fatti hanno dimostrato, i tempi non erano ancora maturi e, per capirlo, dobbiamo tornare allo scenario nazionale, spostandoci in avanti al luglio 2013.

Accadeva infatti che Massimo Bray,  Ministro per i beni e le attività culturali con delega al Dipartimento per il turismo, in carica dall’aprile 2013, sottoscrivesse, insieme alle Associazioni di categoria interessate, un Protocollo di Relazione per il coordinamento delle azioni per lo sviluppo dell’offerta congressuale italiana, istituendo a tal fine un “Tavolo di lavoro presso l’Enit “ e insediando nel successivo mese di settembre il “Comitato di coordinamento Mice”, del quale facevano parte la stessa Enit, le Regioni e le Associazioni di cui sopra.

Ricordo l’ impegno profuso da subito  in quel Comitato, sotto la spinta dell’Enit, allora guidata dal Direttore Generale Andrea Babbi,  delle Regioni e, soprattutto delle Associazioni partecipanti che, il 28 febbraio 2014, rendevano la seguente dichiarazione a verbale delle riunione  del Comitato tenutasi in quel giorno: “ le associazioni degli operatori privati partecipanti al Comitato di coordinamento delle azioni per lo sviluppo dell’offerta congressuale confermano di voler promuovere la realizzazione di un convention bureau nazionale privato per lo sviluppo dell’offerta congressuale e più in generale della Meeting Industry, mediante la costituzione di una Rete d’imprese (la cui denominazione sarà proposta a breve), nelle forme del  contratto di rete o di  rete/soggetto , con nomina del relativo organo comune, anche esterno, e istituzione del  relativo fondo”.

Era la premessa e l’impegno alla costituzione di un organismo che, in combinazione (attraverso una convenzione) con Enit e Regioni, avrebbe favorito uno sforzo integrato tra pubblico e privato, affinché la destinazione Italia tornasse ad essere prioritaria tra le opzioni della clientela internazionale. Obiettivo da conseguire dando vita a un “Sistema”, a imitazione delle più affermate organizzazioni esistenti negli altri Paesi del mondo, costituito da un Convention Bureau Nazionale, con compiti di promozione dell’offerta congressuale nazionale e della destinazione Italia, e da Convention Bureau Territoriali, con compiti anche di commercializzazione e di finalizzazione dei business a favore delle rispettive realtà operanti nel territorio di riferimento.

Da quel momento in poi seguirono, in rapida successione:

  • il 18 giugno 2014, la costituzione del Convention Bureau Italia, attraverso la sottoscrizione di un contratto di rete da parte di 14 operatori, amministrata da un board di 8 consiglieri, indicati dalle Associazioni promotrici, Presidente Carlotta Ferrari;
  • Il 26 maggio 2015 la trasformazione giuridica del Convention Bureau Italia in  Società’ consortile a responsabilità  limitata, guidata dal medesimo board, avente come oggetto ” la promozione e lo sviluppo nei mercati nazionali e internazionali del turismo congressuale e d’affari…..”; il numero dei soci saliva a 30, tra cui i principali Convention Bureau Territoriali,  laddove esistenti, e  soci individuali , laddove, come Roma, il Convention Bureau territoriale non esisteva ancora;
  • nel maggio 2016 viene redatto il Piano Strategico del Turismo per l’Italia, con un orizzonte temporale di sei anni (2017-2022), con la partecipazione delle istituzioni pubbliche, degli operatori di settore, tuttavia con uno spazio ancora ridotto al settore Mice (ma è stato un passo in avanti perché nel precedente Piano il settore era del tutto oscurato).

Nel frattempo le istituzioni di Roma Capitale e della Regione Lazio iniziavano a darsi da fare , la prima con molte difficoltà dovute al turbinoso avvicendamento di Assessori e alla strutturale mancanza di risorse economiche, la seconda con più linearità e focalizzazione, favorita dalla spinta di Gianni Bastianelli , nominato Direttore dell’Agenzia regionale del Turismo del Lazio, e dalla destinazione al settore di risorse. La Regione inoltre avviava, alla fine del 2015 una Call for Proposal, stimolando anche il settore congressuale a coordinarsi per esprimere una proposta da sottoporre alla valutazione della Regione per un eventuale inserimento del settore tra quelli destinatari, con successivi bandi di gara, di finanziamenti del POR Lazio Fesr 2014-2020. Il settore risultava eleggibile, con bandi di attuazione previsti tra ottobre 2016 e gennaio 2017.

 Il presente

Sempre avendo a mente il concetto/obiettivo di “Sistema Convention Bureau Nazionale e Territoriali” sopra richiamato, il presente (riferito al dicembre 2016) mette in luce i seguenti fatti”:

  • i soci e i preferred partners del Convention Bureau Italia sono saliti a 92 (segue una slide presentata all’Assemblea dei soci)
  • Le medesime Associazioni che , a livello nazionale, avevano dato vita al Convention Bureau Italia, hanno condiviso, dopo quasi tre anni di confronti,  un documento di sintesi che descrive il funzionamento del costituendo Convention Bureau di Roma e Lazio (segue la slide introduttiva al documento), avendone condiviso intenti e obiettivi con le Istituzioni competenti.
  • Un incoraggiamento in tal senso ricevuto sia dalla Regione Lazio, alla quale le Associazioni si sono rivolte con una lettera a firma congiunta , sia dall’Amministrazione capitolina;
  • La “Nuvola” è stata finalmente inaugurata ed ha iniziato ad operare;
  • La Fiera di Roma è sopravvissuta alle difficoltà che ne avevamo messo in forse la sopravvivenza ed è riuscita a gestire nel mese di agosto 2016 “ESC”[1], l’evento congressuale aperto al mondo della Società Europea di Cardiologia, con oltre 30mila partecipanti , nonostante l’assenza sostanziale di una Amministrazione comunale “sotto elezioni” ;
  • Il Governo, dopo il risultato negativo del referendum costituzionale, è cambiato, passando dalla guida del Premier Renzi a quella del Premier Gentiloni, con una sostanziale immutato sostegno parlamentare.

Il futuro

Le considerazioni sul futuro  devono essere improntate all’ottimismo, nonostante la fase di turbolenza politica vissuta negli ultimi mesi, puntando una volta di più sulla determinazione degli operatori e sulla convinzione che le Istituzioni (alcune già lo hanno fatto) sapranno rendersi conto dei vantaggi collettivi che conseguono alla ripresa del settore e rendersi in tal senso proattive.

A livello nazionale il Sistema , più volte richiamato, pare consolidarsi, almeno a livello operativo, poiché i rapporti tra Convention Bureau Italia e l’Enit (nel frattempo trasformato in Agenzia, con Gianni Bastianelli nominato Direttore esecutivo, dopo aver lasciato l’incarico alla Regione Lazio) paiono più solidi e, soprattutto, aumenta la collaborazione nei fatti (partecipazione alle Fiere).

A livello territoriale, l’imminente uscita dei bandi regionali , che potrebbero favorire lo start up del Convention bureau territoriale, e la auspicabile coesione interassociativa che è nata nel 2013 a livello nazionale e si è replicata a livello locale, dovrebbe accelerare la  nascita del Convention Bureau di Roma e Lazio.

Cosa voglia dire tutto questo, nella sintesi di passato, presente e futuro, che spero di aver sinteticamente rappresentato, è facile a dirsi (seguono due ulteriori slides del documento interassociativo sopra richiamato) .

Lo stesso documento stima  che Roma, proprio per la lenta crescita sopra evidenziata,  ha perso in 10 anni circa 2 miliardi di spesa congressuale.

Qui il punto  interrogativo che si contrappone alla vocazione all’ottimismo che deve contraddistinguere gli operatori.

Perché questa lentezza, questa “distrazione” collettiva, così  negativa per gli operatori?

Come evidenziato nel “ Libro Bianco del Congressuale Italiano” (novembre 2014) “le esigenze e i criteri di scelta  della destinazione sono in gran parte comuni ai vari segmenti di clientela, ma con pesi diversi in base alla tipologia di evento:

  1. trasporti: un buon sistema di collegamenti per raggiungere la sede dell’evento rapidamente e comodamente anche con mezzi pubblici;
  2. sedi con molte sale e spazi espositivi, in grado di accogliere allestimenti personalizzati, in ordine, attrezzate per eventi molto tecnologici, gestite con professionalità, ben collegate con mezzi pubblici;
  3. hotel vicini alla sede dell’evento, di grandi dimensioni e qualità effettiva, con servizi all’altezza degli standard internazionali e delle esigenze della clientela d’affari;
  4. prezzi competitivi e adeguati al servizio offerto, in particolare nella ricettività alberghiera. I costi hanno assunto negli ultimi anni un’importanza crescente a causa della contrazione dei budget;
  5. presenza di un Convention Bureau in grado di fornire informazioni complete, affidabili, candidature ed assistenza rispetto alla destinazione;
  6. supporto della destinazione nelle fasi di selezione, nelle gare internazionali, durante l’evento, nell’accoglienza dei partecipanti;
  7. l’attrattiva della destinazione può avere un ruolo nella scelta della sede di un evento in particolare per la clientela aziendale, ma a condizione che tali attrattive siano facilmente fruibili, dotate di servizi organizzati.

Il primo fattore di scelta, come si vede, è l’accessibilità alle strutture congressuali: e qui si deve mettere mano con grande urgenza. Non è un compito degli operatori , ma delle Istituzioni: uscire dall’Aeroporto di Fiumicino  e trovarsi in balia di un sistema ferrotramviario e stradale inadeguato, caotico e mal segnalato significa partire con un handicap gravissimo.

Anche gli ultime tre fattori di scelta coinvolgono direttamente le responsabilità istituzionali perché il Convention Bureau territoriale deve poter contare sull’appoggio e coordinarsi con l’Amministrazione locale, disponibile ad offrire spazi della città e del territorio, oltre ai servizi di cui si è detto prima, che rendano la destinazione attrattiva e, in fase di svolgimento del congresso, confermino queste opportunità e qualità.

Ma anche gli operatori , nei punti da 2 a 4 di cui sopra, devono rendersi protagonisti della scalata a livelli più consoni nel ranking internazionale e profittevoli per le aziende; qui siamo molto più avanti  per quanto riguarda l’adeguamento delle strutture, ma molto si può ancora fare in ottica di collaborazione e sinergia; e torna qui, a proposito, il tema della cultura d’impresa alla quale ho fatto cenno in apertura di articolo.

Che tratterò, in queste finali considerazioni, uscendo dalla cronistoria del “Sistema dei Convention Bureau” e dalla citazione di documenti e fatti che ad esso si riferiscono ed entrando di più in mie personali riflessioni, peraltro note a chi ha maggiormente  condiviso con me l’impegno nel settore in questi ultimi sette anni, relative ai temi della “collaborazione” e della “memorabilità degli eventi ascrivibili al Turismo congressuale e business in generale”.

La collaborazione tra soggetti che operano nello steso settore economico, riferendomi nello specifico all’intera filiera del turismo congressuale, è uno strumento decisivo per vincere sfide di ampio respiro  e si scontra con l’elementare osservazione che i medesimi soggetti sono tra loro in concorrenza sul mercato.

Concetto che riguarda non solo gli operatori, ma anche le Istituzioni, i Sindacati, le Associazioni di categoria, naturalmente anche le Persone.

Soprattutto in contesti territoriali nei quali, per la loro riconosciuta capacità attrattiva, ognuno ritiene di “farcela da solo”.

Ne abbiamo esempi a livello nazionale: se è vero, come più volte proclamato a gran voce anche dalle Istituzioni, che il Turismo è “il prodotto di punta “ di questo Paese , perché abbiamo atteso finora per presentarci al mondo in modo ordinato, possibilmente “ad una voce” , con una adeguata presentazione del menù delle nostre incredibili e variegate bellezze naturalistiche e culturali, invece di andare alla spicciolata , contendendoci la visibilità tra  Regioni, Città, Province (si anche quelle), aziende? Perché l’Italia non ne sentiva la necessità evidentemente.

Ne abbiamo esempi a livello territoriale: perchè non siamo capaci di inquadrare l’offerta “Mice” della Città in una visione ampia e integrata, che proponga un diversificato e appealing menù che possa integrare l’offerta complessiva congressuale in un unico piano di commercializzazione e promozione all’estero, un Convention Bureau di Roma che abbia come riferimento oltre all’area di Roma ovest, a naturale vocazione congressuale, che abbraccia il territorio compreso tra le strutture dell’Eur, della Fiera di Roma  e l’aeroporto di Fiumicino, anche altre due aree congressuali e per eventi:  l’area di Roma nord, che ha come perno di riferimento l’Auditorium Parco della Musica, e l’area di Roma centro con tutte le strutture storiche, il Complesso Monumentale di S.Spirito in Sassia e l’Auditorium della Conciliazione?

Paesi più indietro del nostro, all’inizio della crisi economica, hanno “messo la freccia”, superandoci di slancio per essere passati sopra a queste diffidenze.

Forse, anzi ne sono confidente, la persistente situazione attuale di difficoltà, ci spingerà con forza ad essere più collaborativi e partecipi di un’ottica sistemica, anche grazie alla qualità e competenza dei  grandi players e alla determinazione e gli sforzi di tutti gli altri soggetti appartenenti alla filiera, essenziali perché una destinazione si mostri con un grado di affidabilità e qualità omogeneo.

E sono sicuro che le opportunità di business e lavoro aumenteranno, così come i margini delle aziende, perché nel settore del turismo congressuale la collaborazione non cannibalizza il mercato nazionale esistente me ne crea di nuovo a livello internazionale.

Riferendomi infine alla memorabilità degli eventi ascrivibili al Turismo congressuale e business in generale, penso che gli operatori , per conquistarsi nuove opportunità di mercato, debbano anche investire in innovazione e creatività, in un mercato che necessita di comprensione e anticipazione delle esigenze legate ai meeting, sia di carattere tecnologico, sia di carattere strutturale, sia infine di vero e proprio concept della partecipazione all’evento, puntando su quella che a me pare una sottovalutazione del termine lessicale “Meeting Industry ”, il settore economico che si occupa  dell’incontro , appunto.

Paolo Novi

Operatore della Meeting Industry

Componente del CdA del Convention Bureau Italia

[1] Oltre ai circa 35.000 cardiologi provenienti da 144 paesi, per 250 sessioni e 5 giorni totali di lavoro, l’evento ha prodotto un indotto tra 160 e 200 mln. di euro,  un ammontare della tassa di soggiorno pari a  960.000 euro, servizi Atac per 800.000 euro, alberghi 4-5 stelle in sold out nell’area circostante Fiera e in centro.

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